Il Direttore delle squadre più giovani del Desenzano Calvina parla di come sia difficile gestire un settore così delicato nei tempi del Covid
Matteo Alberti ricopre il ruolo di Direttore del Settore Giovanile.
Un incarico che la nuova dirigenza del club, gli affida anche in aria di cambiamenti, segno del prezioso lavoro svolto negli anni quando la società portava il nome di Sporting Desenzano.
Dieci anni fa, Alberti decide di portare a Desenzano il figlio Alessandro per l’esercizio atletico e per la passione che la famiglia riserva per il gioco del calcio. A quell’epoca l’allenatore istruttore della squadra pulcini era Visioli aiutato da Nicola Chiari. Con i due, Alberti instaura subito un rapporto amicale e riesce così a farsi coinvolgere nell’attività della società.
Per tre stagioni svolge la mansione di allenatore/istruttore tra “Pulcini” ed “Esordienti”, poi con l’incarico a Pier Miscioscia alla presidenza del settore calcio della Polisportiva, Alberti diventa un aiuto prezioso per l’aspetto organizzativo. Con l’arrivo di Alessandro Righetti, Alberti conquista immediatamente la fiducia della nuova dirigenza e viene messo alla direzione del Settore Giovanile. Il resto è storia recente.
Alberti, con l’arrivo a Desenzano di Alessandro Righetti, lei ha potuto dimostrare tutto il suo valore nel ruolo che ancora oggi ricopre. Come è nata questa sinergià con la società?
Sembrava che il calcio a Desenzano non avesse più spazio, ma con la passione e la voglia di fare qualcosa per i ragazzi e per la città, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto di tutto perchè questo non succedesse
Come vi eravate organizzati?
Righetti si è occupato di prima squadra e juniores, io del settore giovanile e Fabrizio Bozzelli ha avuto l’incarico di programmare e gestire uno staff tecnico. Poi è subentrato Patrick Manzini per poi arrivare a Claudio Monese. Una storia sempre in continua crescita
Quale è stato il primo step di questa nuova cordata?
Abbiamo innanzitutto rimesso a posto la situazione economica della società, siamo riusciti a salvare così il calcio a Desenzano. Fatto questo siamo intervenuti dal punto di vista operativo arrivando a numeri importanti come 330 tesserati
Come è stato passare dal campo alla scrivania dirigenziale?
Vivere l’emozione del campo è quella che prediligo e non ne faccio mistero. Sono però consapevole di non avere le giuste competenze per poter gestire questo aspetto e quindi la passione mi ha portato a vivere l’esperienza dirigenziale con uguale entusiasmo anche se come dirigente i problemi da risolvere si triplicano
Quel è il suo ricordo più bello di questo inizio?
Stagione 2018 2019 con l’annata dei 2002 squadra che seguivo fin dai pulcini, vinciamo il torneo di Pasqua in Croazia, il campionato provinciale e ci qualifichiamo per il campionato regionale dopo un avvincente play off concluso con la vittoria 1-0 sul campo del Breno
Quando ha pensato ad inserire nella dirigenza Claudio Monese?
Quando il progetto acquista dimensioni importanti, le situazioni da gestire diventano troppe affinchè possano essere sotto controllo da una sola persona. Diventa così fondamentale affidarsi a qualcuno con competenze ed esperienze di rilievo, la scelta è caduta su Monese al quale abbiamo affidato l’incarico di Responsabile dell’intero settore giovanile
Nel team dirigenziale siete tutti volontari, nel senso che vi dedicate a questo come una passione dopo il proprio lavoro. E’ questo che porta ad un aumento delle persone dedite al progetto?
Questo è il motivo principale. Io personalmente lavoro a Brescia e riesco a dedicarmi alle mie funzioni nel tardo pomeriggio e rientrando poi a casa quando il resto della famiglia ha già provveduto alla cena. In più il sabato e la domenica
Quindi una sinergia tra i ruoli diventa importante?
Abbiamo costruito un “trio” che comprende oltre a me Claudio Monese e Amadeo Cataldi. Monese si occupa della parte organizzativa, Cataldi di quella tecnica ed io tiro un po’ le fila di tutti e due facendo più una supervisione
Quanto è difficile gestire una società importante come il Desenzano Calvina ai tempi del Covid?
Parto dal presupposto che il Covid ha colpito anche me a Marzo, quindi le mie scelte sono sempre dettate dal disagio che ho provato sulla mia pelle. Qualcuno me lo ha fatto notare aspramente, soprattutto quando ho deciso qualche settimana fa di tenere aperto il centro sportivo andando in controtendenza alle decisioni che le altre società stavano prendendo. Ma lo abbiamo fatto perché sapevamo di esserci organizzati in modo da rispettare il protocollo sanitario
Questo però ha portato i familiari a non poter seguire nemmeno gli allenamenti. Una scelta che oggi si è rivelata giusta, ma all’inizio ha accusato qualche critica?
Per un genitore non poter seguire il proprio figlio non è il massimo. In tempi moderni siamo tutti pieni di impegni e viviamo di corsa, quindi penalizzare anche il poco tempo in cui i genitori possono condividere qualcosa con i propri figlioli mi è pesato molto. Capisco il loro malessere ma non potevamo permetterci di uscire da quell’equilibrio che stavamo creando per il bene di tutti
Lei la vede da un punto di vista genitoriale. Ma i ragazzi invece come hanno preso questa sua decisione?
Se posso parlare liberamente ho trovato i ragazzi più sereni nello svolgimento degli allenamenti
Si spieghi meglio
In pratica in molti non si sono più preoccupati del giudizio dei genitori che li seguivano dalla tribuna, ma sono riusciti a seguire solo l’allenatore. Questo li ha portati ad acquisire serenità
Ma lei che è anche genitore di due ragazzi che hanno vestito la maglia desenzanese, non pensa che sia anche una autocritica da parte sua?
(sorride ndr) Questo sottolinea la differenza tra professionismo e settore giovanile. Nelle prime squadre raramente un genitore si affaccia alla tribuna durante l’allenamento del figlio, nelle squadre minori diventa inevitabile parlarne anche fuori contesto. Questo alla lunga non produce i benefici sperati. Ai tempi degli allenamenti a porte chiuse i ragazzi si sono sentiti forse più responsabilizzati perchè erano soli con il tecnico e i loro compagni
Leggendo alcuni articoli su squadre di Serie A, alcuni giocatori asseriscono di riuscire a rendere maggiormente senza pubblico. La sua riflessione si associa a questo contesto?
Certamente. A volte giocare davanti ad una platea importante, ti può penalizzare dal punto di vista mentale e questa valutazione potrebbe anche essere portata al vaglio di un settore giovanile
Si però credo che il giusto stia nel mezzo. Capisco che gli adulti abbiano mille difetti a bordo campo, ma sono sempre i loro genitori…
Concordo. Ma noi valutiamo tutto per il bene dei ragazzi. Poi, parlando di allenamenti, questo tipo di decisione non sarà presa, ma per una crescita globale sarebbe quantomeno opportuno discuterne
Cosa spera nel dopo covid?
Mi mancano gli incontri senza mascherina e senza preoccuparsi del distanziamento. Vittoria o sconfitta, per noi il fine settimana era comunque un momento di festa, ci trovavamo tutti, dirigenti, genitori, parenti e giocatori per parlare, cenare insieme o semplicemente scambiare due chiacchiere davanti ad un caffè o a un aperitivo. Spero sempre di svegliarmi una mattina e constatare che sia stato solo un brutto sogno
Grazie per quanto ogni giorno fate per i nostri ragazzi. L’attività sportiva è importante, gestirla con passione ed equilibrio fondamentale. Grazie!