Sebastiano Monese, un geometra per i giovanissimi

L’intervista all’allenatore della squadra 2006 da molti ritenuta la più forte del settore giovanile del Desenzano Calvina

Sebastiano Monese allena la squadra Giovanissimi 2006 del Calcio Desenzano Calvina.
Il calcio entra a far parte di se in giovanissima età, suo papà Claudio, oggi dirigente del Calcio Desenzano Calvina come responsabile del Settore Giovanile, lo iscrive alla scuola calcio di dell’US. Sirmione.
Giunto all’età di Esordiente passa sei mesi alla Voluntas Brescia sotto la grinta di Roberto Clerici, un’esperienza che lui non ricorda con molto piacere. Conosce però Gianni Guindani che se lo porta all’Accademia Montichiari. Dopo due anni cambia casacca e gioca nel Lumezzane nei campionati professionisti prima con i Giovanissimi e successivamente nella squadra Allievi. L’anno successivo ancora un campionato Allievi ma stavolta a Montichiari con un gruppo che nella stagione successiva si toglie lo sfizio di vincere il campionato Juniores Nazionali.
Con lo stesso gruppo, grazie al ritorno in Serie C della prima squadra, Monese disputa un intero Campionato Berretti in rossoblu monteclarense. Nel momento di fare il salto nel calcio che conta, Monese si fa un bagno di umiltà e malgrado un campionato nella Nuova Verolese di Serie D decide di affermarsi tra i dilettanti. Questo lo porta a giocare con le maglia del Ghedi grazie a Maurizio Gilardi, poi a Desenzano nell’anno dell’Eccellenza, Sommacampagna, Castelnuovo del Garda e di nuovo a Desenzano tra Prima Categoria e Promozione.
Poi un grave infortunio gli permette di dedicarsi “a tempo pieno” alla panchina allenando le squadre giovanili del Desenzano e qui scopre la sua vocazione, cosa che per altro faceva già dall’età di 18 anni dedicandosi alla scuola calcio.

Da calciatore, il mio ruolo in mezzo al campo mi ha formato quella personalità da leader – esordisce mister Sebastiano Monese nella nostra chiacchierata – l’esperienza mi ha permesso di costruire una visione del calcio giocato che ho portato senza difficoltà nel mio ruolo di allenatore. Mi piaceva essere il punto di riferimento in mezzo al campo

Lei ha avuto grandi allenatori, per citarne qualcuno: Gianpiero Piovani, Maurizio Gilardi, Marco Bresciani, Sandro Novazzi. Quale insegnamento ha potuto portare nella sua attività?
Molto, questo penso sia stata una fortuna per me avere avuto insegnamenti da persone che sul calcio sono molto preparate. Metto sempre in pratica quello che ho appreso dai loro allenamenti e dalle loro tattiche di gioco

Quando ha condizionato la sua scelta il fatto di essere il figlio di Claudio Monese, persona preparata e molto conosciuta nell’ambiente?
Grazie a lui ho avuto modo di iniziare ad allenare a Pozzolengo e questo mi ha fatto capire che quelle tre ore di allenamento alla settimana con i piccoli mi davano gioia e vedevo che, giorno per giorno cresceva questa passione. Mio padre mi ha aiutato molto con i suoi consigli

Lei già all’età di 18anni ha alternato pratica da giocatore e da allenatore. Com’è stato ricoprire il doppio ruolo? Si è sentito più uno o l’altro?
Essere un allenatore giovane fa si che spesso prevalga la mentalità di giocatore. Poi dopo i 25 anni di età c’è stata un’inversione di rotta, fare l’allenatore cominciava a darmi più soddisfazione

Veniamo al presente, lei allena il gruppo dei 2006. A detta di molti la squadra più forte del settore giovanile del Desenzano Calvina. Ci racconta un po’ della sua squadra?
Ho preso in mano il gruppo due anni fa a Desenzano quando erano al primo anno di Esordienti. Avevo avuto referenze di un team valido ma occorreva sistemare qualcosa, soprattutto sulle regole.
Da geometra quale sono, precisione puntualità e pignoleria sono il mio pane quotidiano, quindi ho dovuto lavorare molto su questo aspetto. Chiaro che si parla di calcio, quindi le qualità del singolo prima o poi vengono a galla in ogni caso, ma credo che il modo in cui si espongono fa si che si guadagni molta stima in più dal punto di vista caratteriale.
Con il tempo i ragazzi capiranno l’importanza di questo

Quando ha capito che le sue regole hanno dato i suoi frutti?
Due anni fa ho visto in trasferta i miei ragazzi presentarsi nel modo più decoroso, abbigliamento in ordine e preciso, puntuali all’appuntamento e con la borsa fatta senza dimenticare nulla. Di contro un gruppo di ragazzi che sembravano una scolaresca in gita. Quella differenza di stile per me ha fatto scattare quel punto di orgoglio che non guasta

Poi cosa ha dovuto “aggiustare” nella sua squadra?
L’equilibrio. Ho avuto una squadra senza vie di mezzo. O erano molto bravi oppure erano veramente in difficoltà. Ho cercato di coinvolgere tutti in questo progetto ma alla fine qualcuno lo abbiamo perso, qualcuno è andato a fare un altro sport e qualcuno ha continuato nel calcio ma conscio dei propri limiti

Come gestisce questa cosa con i genitori? Non credo sia facile escludere e giustificarne i motivi.
La difficoltà sta proprio lì. I genitori degli esclusi vedevano che si andava molto bene anche se i loro figli erano parte marginale nell’impiego in campo, ma non ho mai ricevuto aspri commenti. Anche oggi mi salutano sempre con molto rispetto anche perchè ho sempre detto loro la verità delle cose

Con tutte le difficoltà che ci sono per un allenatore, quali sono gli step da seguire nel formare una squadra di calcio giovanile?
Punto primo: tempo e pazienza; è difficile far capire ai ragazzi e ai loro genitori che prima del risultato viene il gioco espresso. Poi lavorare molto dal punto di vista mentale tramite dialoghi costruttivi e sintonia psicologica. Infine, se si vuole dare qualcosa in più perchè il gruppo lo consente metterei la cura del gesto tecnico, ma non come prima cosa in ordine di tempo

Lei ha anche avuto compagni di squadra illustri. Su tutti Mario Balotelli. Com’era come compagno di squadra?
Si vedeva subito che aveva delle qualità, quando giocavamo negli Allievi era come se giocassimo in 12. Dal punto di vista personale invece, credo che a renderlo antipatico a molti sia stata la sua ingenuità. E’ sempre stato un giocherellone ma sempre propositivo con il gruppo. Come atleta se lo sfidavi dal punto di vista tecnico si impegnava tantissimo, era uno che non ci stava mai a perdere o a sentirsi semplicemente secondo a qualcun’altro

Ci racconta un episodio curioso sul genere?
A Lumezzane c’era un altro nostro compagno bravo a battere le punizioni di macino e lui lo sfidava dentro e fuori dal campo perchè voleva essere lui il più bravo. Da questo aspetto nasce la sua esuberanza, ma ripeto che Mario di indole è un buono. Non ha ancora capito che non ha più 15 anni, che il tempo passa e si deve crescere. La vita prima o poi ti presenta il conto

Mister Monese, lei è diventato papà da poco di Camilla. Come è stato passare una gravidanza accanto a sua moglie in un periodo così delicato dal punto di vista sanitario?
Ci eravamo concessi una vacanza fuori dall’Italia solo che era scoppiato il caso Covid-19 e quindi abbiamo dovuto rimandare. A distanza di due giorni ho saputo che Giulia (la sua compagna ndr) era incinta e quindi ci siamo dedicati alle attenzioni necessarie affinchè andasse tutto bene soprattutto in questo periodo così delicato. Poi la nascita di Camilla è arrivata proprio in concomitanza della “seconda ondata”. Tra mille incertezze che il mondo ci stava riservando siamo arrivati alla fine, non sono stati nove mesi come ci eravamo immaginati di trascorre in una gravidanza in tempi normali, eravamo incerti sul futuro ma questo ci uniti maggiormente

Il Covid ha fermato anche i suoi ragazzi. Cosa vuole dire loro?
Dico che si dovrebbero godere ogni istante della vita. Questa pandemia ci ha reso tutti consapevoli di quanto siamo piccoli e indifesi di fronte alle calamità naturali.