Matteo Alberti, braccio e mente del settore giovanile

Il Direttore delle squadre più giovani del Desenzano Calvina parla di come sia difficile gestire un settore così delicato nei tempi del Covid

Matteo Alberti ricopre il ruolo di Direttore del Settore Giovanile.
Un incarico che la nuova dirigenza del club, gli affida anche in aria di cambiamenti, segno del prezioso lavoro svolto negli anni quando la società portava il nome di Sporting Desenzano.
Dieci anni fa, Alberti decide di portare a Desenzano il figlio Alessandro per l’esercizio atletico e per la passione che la famiglia riserva per il gioco del calcio. A quell’epoca l’allenatore istruttore della squadra pulcini era Visioli aiutato da Nicola Chiari. Con i due, Alberti instaura subito un rapporto amicale e riesce così a farsi coinvolgere nell’attività della società.
Per tre stagioni svolge la mansione di allenatore/istruttore tra “Pulcini” ed “Esordienti”, poi con l’incarico a Pier Miscioscia alla presidenza del settore calcio della Polisportiva, Alberti diventa un aiuto prezioso per l’aspetto organizzativo. Con l’arrivo di Alessandro Righetti, Alberti conquista immediatamente la fiducia della nuova dirigenza e viene messo alla direzione del Settore Giovanile. Il resto è storia recente.

Alberti, con l’arrivo a Desenzano di Alessandro Righetti, lei ha potuto dimostrare tutto il suo valore nel ruolo che ancora oggi ricopre. Come è nata questa sinergià con la società?
Sembrava che il calcio a Desenzano non avesse più spazio, ma con la passione e la voglia di fare qualcosa per i ragazzi e per la città, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto di tutto perchè questo non succedesse

Come vi eravate organizzati?
Righetti si è occupato di prima squadra e juniores, io del settore giovanile e Fabrizio Bozzelli ha avuto l’incarico di programmare e gestire uno staff tecnico. Poi è subentrato Patrick Manzini per poi arrivare a Claudio Monese. Una storia sempre in continua crescita

Quale è stato il primo step di questa nuova cordata?
Abbiamo innanzitutto rimesso a posto la situazione economica della società, siamo riusciti a salvare così il calcio a Desenzano. Fatto questo siamo intervenuti dal punto di vista operativo arrivando a numeri importanti come 330 tesserati

Come è stato passare dal campo alla scrivania dirigenziale?
Vivere l’emozione del campo è quella che prediligo e non ne faccio mistero. Sono però consapevole di non avere le giuste competenze per poter gestire questo aspetto e quindi la passione mi ha portato a vivere l’esperienza dirigenziale con uguale entusiasmo anche se come dirigente i problemi da risolvere si triplicano

Quel è il suo ricordo più bello di questo inizio?
Stagione 2018 2019 con l’annata dei 2002 squadra che seguivo fin dai pulcini, vinciamo il torneo di Pasqua in Croazia, il campionato provinciale e ci qualifichiamo per il campionato regionale dopo un avvincente play off concluso con la vittoria 1-0 sul campo del Breno

Quando ha pensato ad inserire nella dirigenza Claudio Monese?
Quando il progetto acquista dimensioni importanti, le situazioni da gestire diventano troppe affinchè possano essere sotto controllo da una sola persona. Diventa così fondamentale affidarsi a qualcuno con competenze ed esperienze di rilievo, la scelta è caduta su Monese al quale abbiamo affidato l’incarico di Responsabile dell’intero settore giovanile

Nel team dirigenziale siete tutti volontari, nel senso che vi dedicate a questo come una passione dopo il proprio lavoro. E’ questo che porta ad un aumento delle persone dedite al progetto?
Questo è il motivo principale. Io personalmente lavoro a Brescia e riesco a dedicarmi alle mie funzioni nel tardo pomeriggio e rientrando poi a casa quando il resto della famiglia ha già provveduto alla cena. In più il sabato e la domenica

Quindi una sinergia tra i ruoli diventa importante?
Abbiamo costruito un “trio” che comprende oltre a me Claudio Monese e Amadeo Cataldi. Monese si occupa della parte organizzativa, Cataldi di quella tecnica ed io tiro un po’ le fila di tutti e due facendo più una supervisione

Quanto è difficile gestire una società importante come il Desenzano Calvina ai tempi del Covid?
Parto dal presupposto che il Covid ha colpito anche me a Marzo, quindi le mie scelte sono sempre dettate dal disagio che ho provato sulla mia pelle. Qualcuno me lo ha fatto notare aspramente, soprattutto quando ho deciso qualche settimana fa di tenere aperto il centro sportivo andando in controtendenza alle decisioni che le altre società stavano prendendo. Ma lo abbiamo fatto perché sapevamo di esserci organizzati in modo da rispettare il protocollo sanitario

Questo però ha portato i familiari a non poter seguire nemmeno gli allenamenti. Una scelta che oggi si è rivelata giusta, ma all’inizio ha accusato qualche critica?
Per un genitore non poter seguire il proprio figlio non è il massimo. In tempi moderni siamo tutti pieni di impegni e viviamo di corsa, quindi penalizzare anche il poco tempo in cui i genitori possono condividere qualcosa con i propri figlioli mi è pesato molto. Capisco il loro malessere ma non potevamo permetterci di uscire da quell’equilibrio che stavamo creando per il bene di tutti

Lei la vede da un punto di vista genitoriale. Ma i ragazzi invece come hanno preso questa sua decisione?
Se posso parlare liberamente ho trovato i ragazzi più sereni nello svolgimento degli allenamenti

Si spieghi meglio
In pratica in molti non si sono più preoccupati del giudizio dei genitori che li seguivano dalla tribuna, ma sono riusciti a seguire solo l’allenatore. Questo li ha portati ad acquisire serenità

Ma lei che è anche genitore di due ragazzi che hanno vestito la maglia desenzanese, non pensa che sia anche una autocritica da parte sua?
(sorride ndr) Questo sottolinea la differenza tra professionismo e settore giovanile. Nelle prime squadre raramente un genitore si affaccia alla tribuna durante l’allenamento del figlio, nelle squadre minori diventa inevitabile parlarne anche fuori contesto. Questo alla lunga non produce i benefici sperati. Ai tempi degli allenamenti a porte chiuse i ragazzi si sono sentiti forse più responsabilizzati perchè erano soli con il tecnico e i loro compagni

Leggendo alcuni articoli su squadre di Serie A, alcuni giocatori asseriscono di riuscire a rendere maggiormente senza pubblico. La sua riflessione si associa a questo contesto?
Certamente. A volte giocare davanti ad una platea importante, ti può penalizzare dal punto di vista mentale e questa valutazione potrebbe anche essere portata al vaglio di un settore giovanile

Si però credo che il giusto stia nel mezzo. Capisco che gli adulti abbiano mille difetti a bordo campo, ma sono sempre i loro genitori…
Concordo. Ma noi valutiamo tutto per il bene dei ragazzi. Poi, parlando di allenamenti, questo tipo di decisione non sarà presa, ma per una crescita globale sarebbe quantomeno opportuno discuterne

Cosa spera nel dopo covid?
Mi mancano gli incontri senza mascherina e senza preoccuparsi del distanziamento. Vittoria o sconfitta, per noi il fine settimana era comunque un momento di festa, ci trovavamo tutti, dirigenti, genitori, parenti e giocatori per parlare, cenare insieme o semplicemente scambiare due chiacchiere davanti ad un caffè o a un aperitivo. Spero sempre di svegliarmi una mattina e constatare che sia stato solo un brutto sogno

Paolo Balestro, dal Veneto a Desenzano per calcio e cuore

Da Trissino a Desenzano per i ragazzi del settore giovanile. Oggi allenatore della squadra Allievi che gli sta riservando molte soddisfazioni

Con una squadra Juniores ancora in fase di rodaggio alla sua prima esperienza di un campionato nazionale, la squadra allievi 2004 diventa di diritto il fiore all’occhiello del Settore Giovanile del Calcio Desenzano Calvina.
Un gruppo consolidato che sulle fondamenta dello scorso campionato quando ancora portava il nome di Sporting Desenzano, partecipa al campionato Provinciale dove alla prima giornata, unica fin’ora disputata prima dello stop, riesce a fare la voce grossa in casa dei cugini del Rovizza Sirmione con un perentorio 7-1.
Una squadra che sin dalla vigilia desta impressione di favorita e alla prima occasione dimostra tutto il proprio valore.
Uno degli artefici di questo è Paolo Balestro allenatore della squadra.

Balestro comincia a dedicarsi al calcio agonistico tardi, senza essersi mai iscritto ad alcuna scuola calcio, ma con delle virtù che lo portano ad togliersi qualche soddisfazione in poco tempo. Veneto di Trissino (Vicenza), convive con il calcio in famiglia, lo zio Sergio è allenatore e quindi all’età di 9 anni lo convince a iscriversi alla squadra Pulcini del suo paese. Da lì inizia tutta la trafila fino ad arrivare a disputare i campionati Allievi con l’Arzignano e Juniores con il Cornedo dove resta fino alle porte della prima squadra.

Balestro nella sua esperinza calcistica, il suo curriculum si ferma al campionato Juniores. Cosa l’ha fermata?
In quel momento della mia vita il calcio era diventato più un impegno che una passione. Mi era passata la voglia e piuttosto che fare il dilettante in questo modo ho preferito dedicarmi ad altro

Peccato perchè mi risulta che aveva messo gli occhi addosso anche il Vicenza Calcio. Si è pentito poi di questa scelta?
Alla lunga si. Ero nella squadra Giovanissimi quando ho fatto il provino nel Vicenza e qualche soddisfazione ero anche ruscito a togliermela anche negli anni seguenti. Ero giovane e la pressione di una prima squadra non sono riuscito a reggerla

Quindi si è dedicato subito all’attività di allenatore?
Quasi subito. Ho conosciuto Debora che poi è diventata la mia compagna. Lei è di Desenzano e quindi per potermi trasferire vicino a lei ho “spolverato” dal cassetto la mia vecchia passione

Ma a parte la voglia di trasferirsi con la sua compagna, perchè questo ritorno di interesse?
Ho conosciuto Debora già madre di due ragazzi che giocavano nell’allora Sporting Desenzano e la loro passione mi ha riacceso l’interesse. La dedizione di Davide e Omar è encomiabile tanto da riaccendere il fuoco e per questo mi sono rimesso in gioco

Correva l’anno?
2014. Responsabile tecnico era Davide Pegoraro che mi ha affiancato a Elena Gervasi allenatrice della squadra Pulcini. L’esperienza è stata davvero importante, ma sentivo la voglia di confrontarmi con il mondo agonistico. Sono stato accontentato e l’anno successivo sono passato nello staff dei Giovanissimi come secondo di Francesco Cominelli (oggi allenatore dei Giovanissimi Provinciali del Calcio Desenzano Calvina ndr)

Come è stata quell’esperienza?
Un bel ricordo perchè abbiamo fatto un campionato di vertice. I risultati sono arrivati solo parzialmente perchè abbiamo sfiorato di un nulla la partecipazione alla fase regionale e siamo arrivati in Primavera fino alla semifinale della fase provinciale

Come prima esperienza niente male. Poi negli anni a venire cosa è successo?
Grazie alla spinta di Cominelli che ancora oggi ringrazio tantissimo, mi sono iscritto al corso per allenatori UEFA C da fare a Mantova. Un bell’impegno che prevede l’obbligo di frequenza per sette settimane nelle sere dal lunedì al venerdì, più il sabato mattina

Cosa le è rimasto di quella esperienza?
Il gruppo di lavoro. Eravamo io e altri quattro allenatori bresciani che tutte le sere ci trovavamo al casello di Desenzano per andare a Mantova. Un’agonia iniziata a Settembre e finita quasi a Natale. Ma le soddisfazioni poi sono state tante. Ho avuto la fortuna di avere un docente come Stefano Bonaccorso responsabile dei territori base dell’Atalanta e Alberto Pasini docente di metodologia anche lui nel giro dell’Atalanta

L’allora Sporting Desenzano le ha riconosciuto gli sforzi compiuti?
Si molto. L’anno successivo mi ha affidato la conduzione della squadra Giovanissimi. L’anno successivo sono stato inserito nello staff della Juniores che partecipava al Campionato Regionale. Lì ho fatto il secondo, ma l’esperienza è stata importante perchè in quella fascia di età cominci a vedere il calcio vero imparando molto sulla figura di “mister

Oggi invece si dedica a quale squadra?
Sono il primo allenatore della squadra Allievi Under 17

Una squadra forte che si è gia posta all’attenzione di tutti. Complimenti. Però questo sarà l’ultimo anno, poi l’anno prossimo passeranno Juniores e quindi entreranno in un circuito molto particolare. Come vive un allenatore di un gruppo all’ultimo anno di giovanile pura?
Non mi sento sicuramente un marinaio che deve ancorare la barca al porto e poi abbandonarla. Mi vedo invece come un traghettatore per il calcio importante. Insomma ho la voglia di trasmettere loro quella mentalità forte che consentirà loro di affrontare un campionato Nazionale con la dovuta preparazione

Com’è il rapporto con i suoi ragazzi?
Insegno molto la funzione dei ruoli. C’è il momento in cui si può essere “amici” altri invece in cui prevale l’aspetto professionale. Un po’ bastone un po’ carota

Il Covid non ci sta aiutando. Tutti siamo sotto sforzo al fine di rendere una stagione particolare come questa, più idonea possibile. Lei cosa dice ai suoi ragazzi?
Innanzitutto che non bisogna abbattersi e tenersi pronti per la ripresa che prima o poi ci sarà.
A Luglio quando Monese mi ha proposto la conduzione di questa squadra, il periodo era simile ad ora. La squadra era ancora da formare ma la voglia di fare bene era talmente alta che abbiamo formato un gruppo importante con conseguente voglia di iniziare subito a giocare. Oggi la situazione è simile a quella di questa estate

Come vede l’uso di yoga e della preparazione atletica attraverso le piattaforme internet?
Mio padre è insegnate di yoga, quindi per me questa è una porta spalancata perchè già ne conosco l’utilità della sua applicazione

Quindi con l’appoggio di suo padre, anche lei trova utile questa disciplina…
Ti aiuta molto. Fondamentale nei ragazzi più che con gli adulti. Alcuni punti della sua pratica sono solo da ritenesi positivi. Poi se un ragazzo di una fascia di età dai 15 ai 17 anni ne ha capito qualcosa, cambia da soggetto a soggetto. La possibilità di lezioni dal vivo con la maestra avrebbe potuto ottenere risultati certi, però oggi possiamo fare così e ci adattiamo. Penso piuttosto che queste lezioni possano essere riproposte anche in futuro quando la pandemia sarà solo un ricordo

Una curiosità. Lei ha partecipato?
Certamente. Poi ho riscontrato una importante partecipazione dei miei ragazzi che si sono connessi in 20 su 22. Poi anche il feedback nei confronti dell’insegnante è stato molto positivo

I suoi ragazzi che ricordo si porteranno di mister Balestro?
Spero di vincere il campionato così mi ricorderanno vincente

E un ricordo negativo di lei che si porteranno?
Spero nulla, magari qualcosa che non sarò riuscito a trasmettere

Si vede allenatore in una squadra professistica?
Oggi voglio specializzarmi nell’agonismo dei giovani, ho 35 anni e avrò tutto il tempo per arrivarci se ne avrò possibilità. Per ora penso solo a far bene con i giovani

Quanto conta per un settore giovanile la volontà della dirigenza di creare una squadra che vuole il professionismo?
Moltissimo. A Desenzano manca proprio il calcio. Una prima squadra mette entusiasmo ed euforia e se questa è costruita con ambizioni anche a lungo termine, ne trovano benefici tutti.

Amadeo Cataldi, dall’Oceania al Garda per amore del calcio

Arriva al Settore Giovanile con tanta esperienza. Dall’Australia al Canada e dalla Svizzera all’Egitto per promuovere il calcio nelle scuole

Amadeo Cataldi è un allenatore del settore giovanile del Calcio Desenzano Calvina.

Cataldi calcisticamente parlando, ha molto da raccontare. Allena dal 2004 e fino a oggi pratica il suo mestiere da una parta all’altra del mondo. I suoi esordi calcistici da mister partono infatti dell’emisfero australe dove entra a far parte di un progetto di promozione nelle scuole elementari australiane. Poi il rientro in Italia. Con le valigie ancora da disfare, il Milan gli propone un periodo da trascorrere in Canada per un nuovo piano di promozione calcistica. Dal Canada a Milanello il passo è breve, così Amadeo Cataldi si veste di rosso-nero per dare il suo contributo al settore giovanile. Diventa responsabile tecnico delle squadre dei giovani e delle scuole calcio toccando realtà come Egitto, Svizzera passando per i vari Milan Champ estivi. La sua esperienza lo porta a diventare formatore di diversi allenatori e si dedica alla formazione dei giocatori in erba. Poi Cataldi si trasferisce a Desenzano per poter allenare la Feralpi Salò dove conosce Aimo Diana e al suo fianco vive esperienze in Serie C (Sicula Leonzio e Melfi). Accantonata l’esperienza come allenatore dei professionisti, collabora con la Pro Desenzanese fino alla scorsa stagione quando sposa il progetto Desenzano Calvina dove oggi è uno dei pilastri del Settore Giovanile.

Il suo progetto australiano è molto affascinate, ha voglia di parlarne?
Mi sono trovato in questo programma per caso. La Federazione Calcio del posto aveva in mente di attuare un piano di interesse per il calcio nelle scuole primarie e io mi sono dedicato a questo tipo di promozione occupandosi anche della nazionale Under 17 che è un’importante risorsa per la Nazionale maggiore

Quanto tempo è stato cittadino australiano?
Dopo cinque anni di lavoro sono tornato per un breve periodo per salutare la mia famiglia. Già. Pensavo fosse solo per un breve periodo, ma ho conosciuto Cristina, poi diventata mia moglie, che mi ha fatto dimenticare l’Australia portando la mia residenza a Desenzano dove lei vive da sempre

Poi Canada e Milan. Come ha fatto ad arrivare a Milanello?
L’amicizia con Giovanni Lorini (oggi allenatore della squadra esordienti del Calcio Desenzano Calvina ndr) ha fatto modo che io abbia avuto delle valide referenze. Ho lavorato in rossonero per 5 anni con una importante esperienza nelle scuole calcio internazionali

Amadeo, come è arrivato a far parte del progetto Desenzano Calvina?
Libero da impegni professionali ed ormai trasferitomi a Desenzano, ho cominciato a dare supporto alla Real Desenzanese. Poi l’incontro con Claudio Monese (responsabile del Settore Giovanile ndr) è stato determinante per il mio passaggio al Desenzano poi divenuto Desenzano Calvina

Cosa le ha proposto?
Da principio non avrei voluto allenare, penso che i campionati provinciali e dilettantistici siano esperienze che devono fare i giovani. Ho più di 40anni, ho fatto professionismo, ho allenato in serie C e venire qui per togliere la possibilità ad un ragazzo di venticinque anni di mettersi in evidenza non mi piace. Così mi sono dedicato a quei corsi di tecnica individuale che hanno riscontrato una massiccia partecipazione

Pensa che la sua didattica e tutto il bagaglio di esperienza che lei ha accumulato, può essere un beneficio per i ragazzi?
Sono un patito di tecnica. Purtroppo questa non viene mai curata nel dettaglio, i maestri di tecnica sono spartiti da tanto tempo perchè la nuova generazione è molto attenta a situazioni corali tralasciando l’individualità che io invece ritengo abbia ancora il suo peso

Quindi lei vede il lavoro collettivo come l’amalgama di tante individualità?
Si. Se riflettiamo un attimo, più sali di livello, più il giocatore deve affidarsi a figure per la sua tutela individuale, per questo ha sempre al suo fianco un procuratore. In parole povere, ognuno cura se stesso pur lavorando all’interno di un collettivo. Penso che la bravura di un allenatore moderno sia quella di far funzionare tutti gli elementi all’interno di un gruppo. Ma se alla base hai solo schemi e senza alcuna individualità non arrivi lontano. Visti da fuori possono sembrare tutti attori di una playstation, ma alla base ogni giocatore ha la sua storia e il suo talento.

Il suo cammino professionale è molto interessante: Australia, Canada, Milan e tante realtà estere come Svizzera e Egitto. Perchè poi ha smesso di seguire questa linea professionale?
Sentivo il desiderio di allenare una squadra senza fare il direttore tecnico o il formatore. Era un’esperienza che non avevo ancora vissuto al 100% ed ho sfruttato l’opportunità della Feralpi Salò che nel 2013 mi ha offerto di fare il secondo ad Aimo Diana. Abbiamo fatto insieme Giovanissimi, Beretti dove sono rimasto come primo allenatore quando Diana è passato ad allenare la Prima Squadra in Serie C.

Con Aimo Diana ha avuto un rapporto professionale intenso. Infatti dopo questa breve separazione lo ha seguito in altre esperienze. Cosa le ha portato questo tipo di background?
Ho seguito Diana a Pavia, dove non siamo riusciti a lavorare perchè partiti per fare una serie D ci siamo trovati in Eccellenza e poi a Melfi in serie C dove abbiamo salvato una squadra spacciata e destinata alla retrocessione. L’anno dopo ci siamo trasferiti alla Sicula Leonzio che presa al 16° posto l’abbiamo portata a disputare i playoff. Tutte esperienze importanti e diverse tra loro, ma hanno arricchito la mia cultura e le mie esperienze

Poi Diana è andato a Renate in Serie C, ma lei non è rientrato nel suo progetto. Come mai?
Diana è subentrato a campionato in corso e il secondo c’era già. Nessun divorzio (ride ndr)

Nella sua sfera privata, lei dove si trova meglio? In città o in provincia?
Ho vissuto a Milano e per un periodo anche a Londra. Sono luoghi che non mi appartengono. Prediligo realtà di provincia

Come Desenzano?
La qualità della vita qui è ottimale, si addice di più alla mia persona

Ma la storia di Amadeo Cataldi ai primi calci ad un pallone come è stata?
Ho sempre voluto giocare a calcio, l’ho sempre sentito dentro ed è a tutt’oggi ancora l’unica cosa che mi sia veramente piaciuto fare nella vita. Da bambino pensavo solo ed esclusivamente al calcio

Ha mai desiderato fare il calciatore professionista?
Si, come tutti i bambini. Però molto presto ho capito che era meglio lasciar perdere, non avevo capacità mentali e caratteriali per diventarlo. Ho quindi pensato di studiare per fare l’allenatore e le mie prime esperienze sono arrivate già all’età di 27 anni

Un bel bagno di umiltà. Non trova?
Diciamo che rispetto al passato i tempi sono cambiati molto. Negli anni 60/70 il calcio veniva sempre dopo lo studio e molti genitori ne scoraggiavano la pratica. Oggi c’è un’inversione di tendenza e qualche volta non disdegnano il fatto che si possa saltare scuola ogni tanto per una partita. Oggi i genitori seguono sempre i loro figli soprattutto perchè nell’era moderna non hanno troppo tempo a disposizione da passare con loro, ne condividono quindi i loro divertimenti, magari sognando qualcosa di grande

Una volta con la maestra unica, questa aveva la funzione di un genitore aggiunto. Oggi l’allenatore che condivide con il ragazzo diversi momenti del suo tempo, crede possa essere considerato lui un genitore aggiunto?
Noi abbiamo il privilegio di seguire i ragzzi nella loro formazione e nel loro percorso di maturazione. Oggi un allenatore del settore giovanile non può e non deve essere solo un dispensatore di schemi e tecnica, ma anche un aiuto per la sua crescita come uomo. Aggiungiamo anche che in questo periodo storico, noi siamo a contatto con i ragazzi più dei loro genitori. Sembra assurdo ma è così. Questo diventa anche una forte responsabilità per noi

Nell’anno in corso, il nostro maggiore avversario è stato il Covid. Come si è mosso il Settore Giovanile al riguardo?
Stiamo provando a fare tutto quanto previsto nel nostro programma per il bene dei ragazzi, ma sempre con la dovuta attenzione. Quando è uscita l’ordinanza che ci ha bloccati, ci siamo trovati nella necessità di agire velocemente per non sospendere l’attività. Avevamo due alternative: lasciar perdere tutto o programmare per loro una linea di allenamento che non riguardassero il contatto per poterli tenere allenati e pronti quando tutto si sarebbe riaperto. Abbiamo voluto creare un percorso misto individuale che prevede anche lo Yoga, una disciplina bellissima che si associa al calcio, basta vedere che nella Preminum League lo praticano almeno da 20anni, poi anche personaggi come Cristiano Ronaldo e campioni di altri sport ne fanno pratica. Nel nostro progetto, allo yoga si affianca una fase atletica individuale che oggi purtroppo si dovrà fare a casa per le ulteriori restrizioni del nuovo DPCM

Perchè un giovane può scegliere Desenzano?
Innanzitutto un ragazzo deve fare attività fisica, è fondamentale per la sua crescita. Per come è il mondo oggi, è più facile praticarlo in una società sportiva. Noi siamo solidi, ben organizzati, siamo una relatà in crescita capace di dare sia l’opportunità di apprendimento del gioco sia un contributo a livello sociale. Cerchiamo di lavorare su tutti i livelli e sono sicuro che con il tempo miglioreremo sempre di più. Oggi abbiamo già una bella struttura, allenatori validi e una prima squadra che disputa un campionato nazionale che ritengo possa essere un valore aggiunto al progetto già di per se interessante

Cosa spera di portarsi da questa esperienza a Desenzano?
Qui non c’è stata storia professionale. Io spero di poter contribuire ad una inversione di tendenza e che nei prossimi 20 anni possano uscire da Desenzano diversi talenti del calcio.

Riccardo Palmieri, centrocampista con il mito di Kakà

Play o mezzala sono i ruoli che predilige Riccardo, approdato alla corte del Desenzano dal Fanfulla, prossima avversaria in campionato

Riccardo Palmieri da quest’anno veste la maglia del Desenzano Calvina. Le due gare con la maglia del Fanfulla giocate contro l’allora Calvina sopra le righe, “stuzzica” i dirigenti gardesani che gli propongono di accasarsi a Desenzano. Lui accetta rinunciando a diverse offerte tra cui anche qualche club dei professionisti.
Ripercorrendo il cammino di Riccardo Palmieri, ci si accorge di quanto lui abbia fatto parlare di se sin dai suoi primi calci.
Riccardo nasce a Lodi il 26 Settembre del 1995. Inizia la carriera nelle giovanili del Piacenza per poi trasferirsi all’Inter.
Poi passa al Modena nella stagione 2013/2014 con la squadra Primavera, ma il team nerazzurro, che ne deteneva la proprietà del cartellino, lo dirotta a metà campionato alla Pro Patria in serie C in prestito e fino al termine del campionato. L’anno dopo al Fidenza in serie D colleziona 21 presenze da titolare. Ancora una stagione in D con l’Olginatese poi nel campionato 2018/2019 si accasa al Fanfulla dove resta fino a Giugno 2020 mettendo in mostra le sue doti calcistiche rilevando saggezza e consolidata esperienza.

Riccardo Palmieri si racconta davanti ai nostri registratori.

Palmieri, questo 2020 è un anno decisamente particolare causa Covid19. Lei come ha vissuto il periodo di lockdown e i mesi successivi, fino a oggi?
“Essendo stata un’esperienza nuova per tutti, il primo impatto è stato brutto perché il massimo che si poteva fare era quello di restare chiusi in casa. All’inizio è stata vissuta come una tutela della salute propria e altrui ma poi la situazione è cominciata a pesare. Non vorrei mai più ripetere un’esperienza del genere, speriamo che non si torni indietro”

Il rischio che il campionato si possa nuovamente fermare è più di un’ipotesi. Cosa ne pensa?
“Se dovessi essere egoista direi che è ingiusto perché abbiamo vissuto 3-4 mesi di inattività e per chi lo fa come lavoro è proprio brutto. Se la situazione è tale da costringere a fermare tutti i campionati è un conto ma se ci fosse la possibilità di andare avanti, imparando a convivere con questo virus, è giusto farlo. Rispetto al calcio ci sono situazioni in cui il rischio è molto più elevato”

Secondo lei, bisognerebbe fermare il calcio ad ogni livello oppure sono giuste le decisioni che sono state prese?
“La Serie A è giusto che continui, perché sono nella situazione di poter applicare tutto ciò che i protocolli richiedono (tamponi, test sierologici ecc). Nelle serie inferiori le difficoltà sono più elevate, sia a livello gestionale che economico. Secondo me non bisogna fermare tutto, farlo significherebbe dare un esempio ma bisogna anche tenere in considerazione che ci sono interessi diversi”

Parliamo di Lei in ambito calcio. Aveva offerte da squadre di Serie C ma ha scelto il Desenzano Calvina. Cosa l’ha portata a questa scelta?
“Avrei voluto fare il salto di categoria ma le richieste sono pervenute prima del lockdown e, una volta ricominciato, queste occasioni sono sfumate. Avevo però anche tante proposte dalla Serie D come appunto il Desenzano, che è stata una delle prime. L’intenzione di volermi è stata portata avanti con determinazione dal Direttore Sportivo Eugenio Olli e dall’allenatore Michele Florindo e questo mi ha spinto a scegliuere il Desenzano Calvina”

Come si trova in questo gruppo? Si definisce un silenzioso che preferisce i fatti alle parole, o è parte integrante dello spogliatoio?
“Sono due caratteristiche che mi appartengono ma in momenti diversi. Lo spogliatoio è sacro, uno degli elementi più importanti di una squadra. Mi piace viverlo, di solito sono uno dei primi ad arrivare e uno degli ultimi ad andare via. Servono sicuramente entrambe, poi molte volte piuttosto che parlare preferisco dimostrare sul campo”

Ha qualche scaramanzia particolare?
“Non ho cose particolari ma, essendo per metà del sud, un po’ di sana scaramanzia me la porto dietro, non ai livelli esagerati ma c’è (ride, ndr)

Arriva a Desenzano quest’anno, ha deciso di vivere la città anche nel dopo allenamento?
“Sono di Lodi ma ho preso un appartamento qui vicino. Ho scelto io e non mi pesa, anzi mi aiuta a potermi gestire tutto quanto; poi la mia ragazza viene molto spesso da me”

Nel curriculum trovano posto le esperienze con Piacenza, Inter, Modena, Pro Patria, Fidenza, l’Olginatese e il Fanfulla: c’è stata qualche situazione singolare o divertente che ci può raccontare?
“Un episodio singolare, seppur in negativo, c’è: quando arrivai al Modena, che militava in Serie B, in prestito dall’Inter, feci tutto il ritiro con la Primavera e, al termine, ad una partita era presente Novellino, che all’epoca allenava la prima squadra. Finito il match il mister disse che mi voleva con lui, mi provò in diversi allenamenti e si ventilava l’ipotesi che potessi esordire alla prima di campionato in casa contro il Palermo, guidato da Gattuso. Purtroppo il Direttore del settore giovanile quasi mi fece passare la voglia di giocare a calcio, perché venivo considerato come un giocatore che non si impegnava abbastanza. Questo episodio mi tarpò le ali e mi segnò tantissimo, avevo 17 anni e sono passato dal poter fare qualcosa di grande ad un momento di crisi totale. Fortunatamente sono stato più forte anche di questo”

Pensa che potrà dare più lei al calcio o il calcio a lei?
“Faccio questo fin da quando ero un ragazzino, ho dato tanto al calcio e spero in futuro di riavere tanto”

Ha qualche rimpianto?
“Un rimpianto c’è: nei momenti importanti, vuoi per sfortuna o per mie colpe, non sono riuscito a sfruttare le situazioni potenzialmente importanti al cento per cento. Non si tratta di veri e propri rimpianti ma quanto di alcuni sassolini nelle scarpe”

Esiste l’amicizia nel calcio?
“Secondo me sì, io tutti gli amici che ho li ho trovati nel mondo del calcio, forse è più difficile trovarli al di fuori. Sicuramente è difficile trovare amicizie solide che possono restare per anni ma io mi posso dire fortunato sotto questo punto di vista”

E’ un ragazzo giovane, ha solo 25 anni e ormai sempre di più vanno di moda i social network: cosa ne pensa?
“Fino a cinque anni fa li avevo tutti, poi ho cominciato a disintossicarmi dal voler mostrare tutto quello che facevo, adesso ho solamente Instagram. Sono molto utili, la tecnologia e i social rappresentano il principale mezzo di comunicazione, una notizia viene recepita prima rispetto alla televisione o a un giornale. Poi sta a ognuno di noi non abusarne”

Quali sono i suoi hobby al di fuori del rettangolo verde?
“Tre anni fa mi sono iscritto ad un’università telematica nella facoltà di Scienze Motorie, quindi specialmente la mattina la passo a studiare per riuscire a portarla a termine. Poi molto tempo lo passo assieme alla mia ragazza oppure a vedere film e tanto calcio, guarderei anche la Serie B del Congo se lo trasmettessero (ride, ndr), e tanto sport”

La famiglia come vive la sua passione nonché il suo lavoro per il calcio?
“La mia famiglia è stata fondamentale, mi ha dato la possibilità di fare quello che volevo senza limiti, cercando di farmi capire che però anche la scuola era importante. Non hanno mai messo in dubbio le motivazioni della mia scelta”

C’è un giocatore del presente oppure del passato in particolare con il quale sognava o sogna di giocare?
“Sono cresciuto con il mito di Kakà, che è e rimane uno dei miei più grandi idoli, quindi avrei sognato di giocare assieme a lui”

Le consento di sognare a spasso nel tempo e senza divisione di categoria. A chi vorrebbe realizzare un gol?
“Direi a Casillas, contro il Real Madrid, in una finale di Champions”

E’ presto per pensare alla fine della carriera, ma come si immagina?
“Non penso che diventerò allenatore, ci vogliono qualità e caratteristiche che forse non possiedo. Sicuramente rimarrei nel mondo del calcio e mi piacerebbe insegnare ai bambini a giocare, ma più in veste di istruttore che di allenatore”

Stefano Benetazzo

Franzoni, la mezzala che sogna l’assist a Ibrahimovic

Mezzala oppure trequartista, la specialità della casa è il tiro da fuori area, ma la priorità è la vittoria di squadra

Andrea Franzoni, 23enne bresciano destro naturale e forte fisicamente, è un libro aperto, come si evince dall’intervista concessa in esclusiva al sito ufficiale del Desenzano Calvina.

Andrea, se le chiedessi che tipo di giocatore è, come si descriverebbe? Quali sono le sue caratteristiche principali?
“Sono una mezzala di inserimento e negli anni ho capito che quello è il ruolo più adatto per le mie caratteristiche; nel frattempo sto cercando di affinare anche la fase difensiva. In caso di necessità però posso giocare anche come trequartista”

Chi le ha trasmesso la passione per il calcio?
“Nessuno, poiché nella mia famiglia solo mio fratello giocava un pochino ma non ho preso da lui. Mia mamma mi ricorda sempre che a 4 anni la “massacravo” (ride, ndr) per andare a giocare in una scuola calcio”

Ha fatto le giovanili tra Pavoniana, Brescia e Feralpisalò: cosa ricorda di quelle esperienze?
“Senza nulla togliere alle altre, quella più formativa è stata sicuramente Brescia, dove sono rimasto sei anni, che si è rivelata essere non solo una scuola di calcio ma anche di vita e dove ho avuto la fortuna di essere allenato da Roberto Clerici, il miglior allenatore sia per i bambini che per l’aspetto calcistico. Tanto di quello che sono è merito di quella esperienza”

Dopodiché, nel 2015-16, il passaggio al Ciliverghe, dove ha esordito in prima squadra nella trasferta di Sondrio
“E’ stata una bellissima emozione anche se in quell’anno ho avuto numerose difficoltà, avevo rotto il naso ed ero reduce dalla pubalgia, recuperare è stato difficile soprattutto in un ambiente diverso. Ho giocato poco ma per me è stato un anno di crescita e di ambientamento”

Poi due anni suddivisi tra Castegnato e Ghedi, in Eccellenza
“Al Castegnato sono rimasto un anno e mezzo e mi sono trovato benissimo, è stata una bellissima esperienza, ho giocato e segnato con continuità così come si è rivelata positiva la breve esperienza al Ghedi”

Dal bresciano al bergamasco, nella sua carriera trova spazio anche la Romanese
“Avevo l’obiettivo di tornare in Serie D e la proposta della Romanese è arrivata nel momento giusto. Quando sono arrivato erano penultimi in classifica ma volevo giocare e fare bene. Purtroppo abbiamo incontrato varie difficoltà che hanno portato alla retrocessione ma nella mia crescita anche quella è stata un’esperienza positiva”

L’anno dopo (2018-2019) mantiene la categoria ma con una casacca differente, quella della Calvina, dove totalizza 34 presenze impreziosite da 6 reti
“E’ stata una grandissima stagione sia di squadra che personale, partivamo con l’obiettivo di salvarci e, nonostante qualche difficoltà nel girone di andata, abbiamo fatto una stagione incredibile, l’ambiente era stupendo e il gruppo squadra eccezionale così come la società, sia quella precedente che l’attuale”

Un nuovo ritorno al Ciliverghe, dove il rendimento è il medesimo della stagione precedente: 24 presenze e 7 reti all’attivo
“Partivamo con presupposti diversi, con i giocatori che avevamo potevamo fare molto di più ma non ci siamo riusciti, anche per via di qualche infortunio di troppo. Personalmente è stata una buonissima annata, e mi sono trovato benissimo con Mister Carobbio, che era stato mio compagno di squadra qualche anno prima”

Infine, il ritorno al Desenzano Calvina in questa stagione: è stato dettato da un motivo particolare?
“Avevo altre proposte ma mi ero trovato benissimo nell’esperienza precedente e non ho avuto dubbi quando è stato il momento di scegliere, anche per le ambizioni che aveva la società e in cui mi ritrovo. Penso e spero di dare un grande contributo”

Nella partita contro il Ciserano è andato vicino alla rete, sta cominciando a prendere le misure?
“Si, lo spero veramente perché mi manca, ma domenica era troppo importante vincere e non subire gol e ci siamo riusciti”

Ha già pensato a chi dedicherà il primo gol in questa stagione?       
“Alla mia ragazza che mi segue sempre, sono riuscito a far piacere il calcio anche a lei”

Domenica è arrivata la prima vittoria: senza fare pronostici, quante possibilità ci sono per far sognare i tifosi?
“Tante, anche se non siamo l’unica squadra forte quest’anno ma di facile non c’è nulla. Nel nostro gruppo vedo grandissime qualità, dobbiamo trovare bene le misure ma siamo un gruppo compatto e possiamo fare grandi cose”

Intraprendere la decisione di giocare a calcio significa porsi degli obiettivi: come valuta fino ad ora il suo percorso?
“Positivo, ma posso fare di più, mi manca ancora qualcosina che devo mettere io ma sono molto contento e soddisfatto del mio percorso”

La fiducia di un presidente e di un allenatore sono importanti ma quanto conta il sostegno della famiglia?
“Conta tantissimo, quasi quanto la fiducia di un allenatore o di un presidente; stare bene nella vita privata influisce positivamente su tutto. Mi ritengo molto fortunato perché la mia ragazza non si lamenta troppo del fatto che tutte le domeniche sono impegnato”

A quale portiere le piacerebbe segnare un gol?
David De Gea, è fortissimo”

Qual è il giocatore al quale vorrebbe fornire un assist decisivo per la vittoria della Champions League?
“Sicuramente Ibrahimovic

C’è qualche persona in particolare che vuole ringraziare?
“Gigi Zucchi, che è stato dirigente del Castegnato e della Calvina due anni orsono e il compianto Roberto Clerici”

Stefano Benetazzo